RECENSIONI IN BREVE

AORARCHIVIA

DANGER DANGER "Revolve"

Questo disco veniva annunciato come il ritorno in pompa magna dei DD al sound dei loro primi due album. Il ritorno c'è stato, ma molto parziale. Il sound resta largamente moderno e c'è una quantità indecente di ballads. I Danger Danger del disco omonimo erano una band con il pepe tra le chiappe, divertenti e sfrontati, dinamici e melodici. Qui c'è solo melodia, e le atmosfere sono orientate decisamente sul versante romantico / malinconico. Non contesto le scelte della band, ma perché gabellare "Revolve" come una gloriosa restaurazione quando Bruno Ravel e compagni continuano a battere territori differenti da quelli percorsi nei Big 80s?

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Frontiers- 2010

 

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OVERLAND "Diamond dealer"

Disco un po' strano, questo 'Diamond dealer'. Ci sono Steve Overland da una parte e la sua backing band svedese dall'altra e ciascuno sembra andarsene per i fatti suoi. L'ordito stumentale, fatto di un bell'AOR robusto, e le vocals di Steve solo di rado si amalgamano, più spesso si sovrappongono e basta, specialmente sull'iniziale "Train, train". Sarà che l'impostazione ormai del tutto soul della voce di Steve Overland ed i suoi backing vocals vellutati poco si adattano all'hard melodico propriamente detto, però bisogna sottolineare che il nostro non si è sforzato più di tanto nel variare i toni, risultando spesso monotono. "Hearts don't lie", "Bring me the water" e "Coming home" sono i momenti in cui, mi pare, Steve e compagni riescono a procedere meglio di concerto. Aggiungiamo che troppi refrain si somigliano tra loro o sono fotocopie di altri prelevati da materiale degli FM o degli Shadowman appiccicati però a canzoni per il resto pregevoli (sopratutto nelle parti di chitarra) e la contraddittorietà di 'Diamond dealer' non avrà bisogno di venire ulteriormente precisata.

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ESCAPE - 2009

 

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HEART "Red velvet car"

E' un piacere ritrovare gli Heart nei quartieri alti di Billboard, peccato che 'Red Velvet Car' abbia poco da offrire ai fans dell'AOR e dell'hard rock in generale. Contrariamente al bellissimo 'Jupiter darling' (per saperne di più, seguite il link) questo nuovo album è in gran parte acustico e folk (l'ha prodotto Ben Mink, che è leader di una band canadese di musica tradizionele ebraica), con un paio di decise puntate verso il moderno. Riservato esclusivamente ai fans assatanati della band (come il vostro webmaster) e a chi gradisce il genere.

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LEGACY - 2010

 

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ISSA "Sign of angels"

La nuova sensazione scandinava ha l'aspetto di una Britney Spears vitaminizzata ed una voce impeccabile ma fredda. Con questo suo primo album sembra voglia accontentare un po' tutti, dato che si passa dall'hard melodico di matrice teutonica ("Angels Crying" e"I'm Alive", forse le cose migliori del disco) a quello più yankee ("It's Not Me", "Unbelievable") a stesure moderne ("Give Me A Sign", molto Shinedown; "Closer", nettamente Garbage). Confezione e sound di gran lusso, ma Issa deve ancora crescere come cantante: la sua impostazione resta la stessa lungo tutte le dodici canzoni di 'Sign of angels' e si giunge alla fine se non proprio sbadigliando, di sicuro con una punta di noia.

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FRONTIERS - 2010

 

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KISKE / SOMERVILLE "Kiske /  Somerville"

La solita pappa metal tedesca. E cos'altro poteva essere, un disco del cantante della band barzelletta per antonomasia (gli Helloween), composto, suonato e prodotto dal leader di una band ancora più comica e/o ridicola (i Sinner)? Amanda Somerville ha una bellissima voce, tutto il resto può piacere solo a chi gradisce il sound metal crauto, tronfio, epicheggiante e pseudo-sinfonico nella peggior tradizione del genere. Piuttosto che inghiottire un'altra fetta di questo  polpettone, torno a riascoltarmi i Bonfire, che ogni tanto riuscivano ad essere perlomeno divertenti... Anatema su chi chiama questa roba "AOR"!

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FRONTIERS - 2010

 

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LISA HARTMAN "'Till my heart stops"

Ristampato nel 2008, quest'unico album di Lisa Hartman è riservato agli estimatori della soft side dell'AOR, in particolare quella della prima metà dei Big 80s (anche se uscì nel 1988). C'è qualche insipidezza pop ("Ooh, I'm Satisfied", "How Many Rivers"), ma anche schegge di robusto AOR ben pilotato dalla chitarra di Michael Landau, come "I Can't Get You Out Of My System", la molto Headpins "Tender Kiss", "Imagination". "'Til My Heart Stops Beating" è una ballad eccellente. Lisa Hartman aveva una bella voce e meritava miglior fortuna: forse un lavoro più elettrico e meno legato a stilemi che nei tardi anni '80 erano già fuori dai quartieri alti di Billboard le avrebbe assicurato maggiori consensi.

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ATLANTIC / WOUNDED BIRD - 1988

 

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H.E.A.T. "Freedom Rock"

Gli H.E.A.T. sono una band svedese ma il loro sound è largamente american oriented, un hard melodico robusto, per nulla originale ma piacevolmente assemblato. Magari c'è qualche furto di troppo (lascio a voi scoprire in quale canzone è stata trapiantata una scheggia tutt'altro che breve della "Somebody" di Bryan Adams), ma in fondo abbiamo amato tanto i Ten nonostante (o forse proprio per)  quello sfacciato impadronirsi di musica altrui, sapientemente riciclata, ed agli H.E.A.T. possiamo perdonare qualche appropriazione indebita, dopotutto ben ambientata e per nulla "disturbante". Produzione ottima e sound stellare. Consigliato.

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STORMVOX - 2010

 

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HYDROGYN "Judgement"

Il tempo sta facendo mettere giudizio a Julie ed alla sua truppa. Su 'Deadly passion' già in qualche brano (la title track, "Shadow", "I know", l'ottima cover di "You oughta know") si tenevano le distanze dalle tetraggini dell' hard rock contemporaneo, e la direzione viene confermata dall'ultimo 'Judgment'. C'è sempre qualche track fatta di metal ringhioso e assordante, ma anche tanto hard rock melodico al punto giusto. "Right Thing Now" è vicina alle cose migliori di Lee Aaron, belle linee melodiche vanta "Too Late", "Medicate" è un hard settantiano con tocchi funk e moderni, "Big Star" è 100% street metal, "Gold Dust Woman" è una track suadente e d'atmosfera, piena di sfumature zeppeliniane, la cosa migliore del disco. "Alone" sarebbe stata ok se non le avessero appiccicato un orribile ritornello stonato mentre "Don't Be My Judge" è la ballatona di rigore.

Piuttosto, continuo a non capire lo sfoggio che Julie fa delle sue abbondanti e piacevoli misure (sulle dimensioni di un vecchio LP la cover avrebbe fatto un certo effetto) quando testi e musica della sua band sono tutt'altro che sfacciati e/o provocanti. Male non fa, comunque...

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HYDRO TUNES - 2010

 

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8-is "Frame of us"

Gli italiani 8-is esordiscono con un album di puro AOR ottantiano (il monicker è una vera dichiarazione d'intenti), registrato impeccabilmente e fatto masterizzare addirittura negli USA. Il suono tende al vellutato ma non mancano le sferzate di energia, come su "Everlasting love", che riesce ad essere elettrica e d'atmosfera. "If you turn around" è ricamata di chiaroscuri elettroacustici, "Lady" e "On and on" sono ottimi esercizi di Journey sound, la freschezza melodica di "In my life" si contrappone alla solennita pomp di "The final courtain". "Back to you" è un rhythm & blues veramente accattivante e di gran classe.

Non so chi venda il CD, ma 'Frame of us' è scaricabile sia tramite il sito della band (www.8-is.com), sia su Amazon USA. E' un prodotto onesto, lontano dalle trombonesche pacchianate germaniche e dalle melensaggini svedesi, con una resa fonica di alto livello e interpreti all'altezza del genere. Meritano attenzione.

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HETA PRODUCTION - 2010

 

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SHINEDOWN "The sound of madness"

Non tutto il nuovo che avanza è da buttare via. Gli Shinedown, con questo loro terzo album si proponevano come versione melodica dei Nickelback. E facevano largamente centro con un lavoro davvero pregevole, che anche nelle parti più violente ("Devour", "Cry for help", "Cyanide sweet tooth suicide") mantiene alto il tasso d'inquinamento melodico. "Second chance" è semplicemente una straordinaria canzone rock, "The crow & the butterfly" una power ballad da infarto, le cadenze drammatiche e dolenti di "What a shame" e "Breaking inside" sono le stesse scandite da Chad Kroeger e compagni, ma con il plus di una produzione raffinata. Se riusciranno, come i loro ispiratori, a scrollarsi un po' di dosso le atmosfere plumbee care all'hard rock contemporaneo e iniettare una piccola dose di allegria (o di cinismo, almeno) nella loro musica il capolavoro sarà a portata di mano.

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ATLANTIC - 2008

 

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VINNIE MOORE "Out of nowhere"

Nel 1991, 'Meltdown' aveva rappresentato un momento chiave nella carriera di Vinnie Moore, segnando il suo passaggio da miglior imitatore di Yngwee Malmsteen a miglior imitatore di Joe Satriani. Insomma, Vinnie Moore è il guitar hero per quelli che si accontentano dei buoni surrogati. 'Out of nowhere' mi pare che rimanga il miglior lavoro da lui prodotto, gradevole pur nel suo ostinato inseguire le atmosfere del grande Joe (epoca 'The Extremist', in prevalenza). C'è molto funk ( "With the Flow", "Am I Only Dreaming", "Move That Thang!") più o meno metallizzato, lo swing decisamente alla "Satch Boogie" di "Vinman´s Screaming Ale", le melodie fascinose ma robuste di "Time Traveler" e "From Now On" (questa un po' bluesy), qualche delicatezza acustica ("She´s Only Sleeping", "Winter Sun"), molto wah wah negli assoli. A volte ispirato, altre calligrafico o smaccatamente tributario di artisti molto più grandi di lui, si fa comunque ascoltare con piacere anche da chi non è strettamente un fanatico dei funamboli della sei corde.

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Music For Nations - 1996

 

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FROM THE FIRE "Thirty days and dirty nights"

Recentissimamente ristampati dalla Yesterrock, i From The Fire di questo disco solitario erano dei Boulevard in tono minore, più fisici e meno leggiadri dei loro principali ispiratori. "Hold On" e "Same Song" sono un ottimo connubio di atmosfera ed elettricità (la seconda con uno squisito refrain pop). "Tears Cried in the Rain" è l'indispensabile big ballad, spezzata da un bel solo di sax. Ombre Journey su "Over Your Head" mentre la drammatica "Take My Heart" paga dazio ai Triumph. "Love Struck" è metallica e californiana, la molto Survivor "Spark and Flame" è un eccellente duetto del singer J.D. Kelly con Theresa Straley degli Harlow, "Go All the Way" pare rubata alla colonna sonora di 'Grease', un good time rock'n'roll dolciastro ma efficace; a chiudere, la power ballad "Where Are You Now". Prodotto da Jean Beauvoir, "Thirty days and dirty nights" è insomma un buon disco di AOR hard edged che non è stato certo uno sproposito ristampare: non imperdibile, ma sicuramente molto godibile.

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ACTIVE RECORDS / MFN - 1992

 

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TOWER CITY "A little bit of fire"

Sulla stessa scia dei primi Von Groove, i Tower City sceglievano per questo loro esordio di esprimersi tramite un sound di netta matrice Leppardiana (era 'Hysterya' / 'Adrenalize'). Risultato globale strepitoso, fra anthem festaioli ("Ain't Nobody to Love", "Hooked on Hope", "Love and Money") dinamiche power ballads ( "I'll Sleep Tonight", "Surrender"), schegge ritmate e fascinose di big sound ("Talking to Sarah", "Moonlight"). "Down All Night" era un funky dai toni suadenti, la drammatica "Closer to the Heart" virava in direzione Survivor e Boulevard fra tastiere imponenti, stesse coordinate ma con più atmosfera su "Stop Running", con il plus di un gran crescendo. Quasi una lost gem, insomma. Non si può dire altrettanto bene del secondo disco, 'All or nothing', poco più di una raccolta di demo con una resa fonica orripilante. Un'altra band morta troppo presto.

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MTM - 1996

 

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VEGA "Kiss of life"

Gli inglesi Vega esordiscono con un album che trae ispirazione dalle commistioni tra l'AOR e la New Wave sul versante U2. I punti di riferimento sono dunque principalmente i Diving For Pearls, poi i Tall Stories vecchi e nuovi e un pizzico dei Winger più recenti. Il singer Nick Workman passa con disinvoltura dall'imitazione di Bono e quella di Klaus Meine (!), giustificando così le fiammate di metal germanico che guizzano qua e là. Arrangiamenti sfarzosi ma talvolta monotoni, sopratutto per colpa del chitarrismo assolutamente ordinario di Tom Martin: assoli scarsi e anonimi, l'unico riff non banale che riesce a sfoderare è quello dell'iniziale "Into The Wild ", e non è neppure suo, l'ha fregato a Steve Vai... Comunque, un disco piacevole e da non sottovalutare.

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FRONTIERS - 2010

 

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CONEY HATCH "Friction"

Band a mio parere sopravvalutata, i canadesi Coney Hatch, ma non da dimenticare. Il loro hard melodico scheletrico e diretto era una perfetta espressione dell'AOR dei primi anni '80, tre album in crescendo, 'Friction' l'ultimo ed il migliore. Su "This Ain't Love" e "Coming to Get You" erano degli AC/DC cromati e anthemici, "She's Gone" era un impasto Toto / Triumph, "Wrong Side of Town" (dal riff nient'affatto scontato) e "He's a Champion" (la più heavy del lotto) parlavano la lingua del neonato metal californiano. "Girl From Last Night's Dream" incrociava piacevolmente B. Adams, Van Halen e ancora i Triumph, l'ipermelodica "Fantasy" sconfinava in territorio Journey, "State Line" era dinamica e ritmata, ma con un refrain arioso; concludeva "Burning Love", anthem che procedeva al passo di una danza guerriera. I leader Carl Dixon ed Andy Curran troveranno maggior fortuna con i loro progetti successivi, ma la band si è riunita per un concerto nel 2010, eloquente dimostrazione che il loro ricordo tra i fans del sound della prima metà dei Big 80s è tutt'altro che sbiadito.

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MERCURY - 1985

 

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SYKES "Out of my tree"

Non si può dire che la carriera di John Sykes dopo l'abbandono del moniker Blue Murder sia stata particolarmente luminosa, e questo 'Out Of My Tree' resta probabilmente la cosa migliore che John abbia pubblicato a proprio nome. La superba "Black Days" e "Do Or Die" ci riportano ai bei giorni di '1987' e del primo Blue Murder, "Jesus and Mary" riprende le atmosfere dell'altrettanto eccellente 'Nothin' But Troubles' come "Sleep On", in cui si apprezzano le sfumature Leppard e Beatles diluite in un arrangiamento avventuroso e un po' stralunato. "If You Ever Need Love" è una piacevole alternate version di "Is This Love", "I Don't Believe In Anything" è segnata da una melodia accattivante anche se un po' grave, "Soul Stealer" spara un bell'hard rock ritmato e pulsante. L'heavy blues "Standing At The Crossroads" sembra uscita dal cilindro dei Badlands mentre la divertente "She's All Action" è un funky ancheggiante con bridge e assolo che si muovono al tempo del classico "Peter Gunn". Da dimenticare o quasi la punkeggiante e convulsa "I Don't Wanna Live My Life Like You". Uscito solo in Giappone, 'Out Of My Tree' è comunque un disco dalla reperibilità tutt'altro che problematica e neppure tanto caro. Da recuperare.

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MERCURY Japan - 1995

 

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AA. VV. "Street Survivors"

Questa storica compilation di band della scena hard rock di L.A. segnò l'esordio di Little Caesar, Bang Tango, Tomorrow's Child e Triangle, ma è da ricordare sopratutto per un pugno di strepitosi gruppi rimasti senza contratto, e che solo qui hanno lasciato un'esile traccia della loro esistenza: i Black Cherry di Paul Black, con lo street metal "The Devil in You"; i zeppeliniani Nrg con la stratosferica "Let it Ride" (prodotta da Howard Benson); i Fire, con il loro AOR pilotato dalla bella voce di Jesse Galante in "Never Run" (questa prodotta addirittura da Michael Wagener). E poi, gli Sphinx in Cairo, con un piacevole hard melodico intitolato "Too Late", i Rain on Fire dell'hard bluesy e settantiano "Come On", il funky hard "You Belong to Me" firmato dai Lunatic Fringe. C'è da piangere sopratutto per Nrg e Fire, ma anche gli altri gruppi avrebbero meritato la chance sulla lunga distanza (e magari l'hanno anche avuta, ma i loro album non sono mai stati pubblicati: quanti tesori misconosciuti restano segregati negli archivi di labels grandi e piccole?). 'Street Survivors' è l'ennesima testimonianza della qualità di una scena che ha segnato indelebilmente un'epoca.

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METAL BLADE - 1989

 

AORARCHIVIA

ALYSON AVENUE "Changes"

Gli Alyson Avenue hanno una nuova cantante. Qual è il tratto caratterizzante di questa ennesima ugola vichinga? Be', questa nuova tizia ha la mascella forte mentre quella che c'era prima aveva gli occhi a palla. Per il resto, potrebbe anche trattarsi della stessa persona, le voci sono assolutamente identiche. Anche la musica di questa band è rimasta la stessa rispetto ai due dischi precedenti: e allora, perchè intitolare l'album 'Changes'? Questi changes dove sono? E' sempre il solito polpettone svedese: una fulgido esempio di frigidità vocale scandinava che trilla su un tappeto (di materiale riciclato) molto elettrico ma sempre ultramelodico (alla maniera aborigena, ossia oscillante tra il fesso, il tronfio e il melenso), dove non trovate uno spunto non dico originale ma perlomeno personale a pagarlo un miliardo di corone. Insomma: 'Changes' non solo è assolutamente uguale ai due dischi che lo hanno preceduto, ma anche a tanta, troppa roba che la scena svedese vomita incessante da una trentina d'anni. Forse sarebbe il caso di proporre all'Unione Europea un referendum abrogativo delle band scandinave: chi manda la richiesta a Bruxelles?

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AVENUE OF ALLIES - 2011