recension
IL MUSEO DEGLI ORRORI
Premessa
Un tre anni fa,
Francesco “Fuzz” Pascoletti, leader maximo di Classix! e Classix Metal,
lanciò l’idea di arricchire la pagina Facebook delle riviste di una serie di
rubrichette gestite dai collaboratori. Il vostro webmaster ne propose una
(poi battezzata “il museo degli orrori” dal leader maximo), dedicata alle
copertine più raccapriccianti. Per un insieme di circostanze, le rubriche
ebbero breve vita, e dei pezzi che avevo preparato ne finirono sulla pagina
Facebook mi pare solo due o tre. Ho pensato così di offrirli oggi ai miei
fedeli lettori, che spero apprezzeranno un po’ di review diverse (molto
diverse) dal solito…
Per ammirare le copertine in tutta la loro magnificenza, vi basta cliccare
sulle miniature, naturalmente.
AORARCHIVIA |
RABBIT "Too
Much Rock’n’Roll" |
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Stenterete a crederci, ma il tizio con l’acconciatura stile
pagliaio pericolante al centro della foto, Dave Evans, è stato
il primo cantante degli AC/DC. Gli ex compagni e perfino il
manager della band (Michael Browning, nel suo libro di memorie)
lo hanno sempre trattato a pesci in faccia e guardandolo in
questa foto non si fatica a capire perché. Venendo ai quattro
splendidi esseri umani che lo attorniano, membri dei Rabbit,
glam band poco nota (che strano, eh?) fuori dalla natia
Australia… Okay, la divisa da glam rocker con tanto di zatteroni
(si era nel 1976) possiamo anche giustificarla, ma le pose?
Quello con gli spandex a strisce, colto forse da un soprassalto
di pudore, cerca di nascondersi dietro Evans, ma l’individuo
all’estrema destra non si capisce se vuole imitare un babbuino o
sta cercando di espellere dei calcoli renali, e il biondo anche
lui mezzo coperto dal cantante inalbera un’espressione tra lo
stupito ed il beota su cui non azzardo ipotesi, mentre il
capellone biondo all’estrema sinistra con le gambette rachitiche
sembra più che altro impegnato a reggersi precariamente in piedi
sui suoi zatteroni dalla punta di metallo. E Evans che tiene a
fare il pugno a mezz’aria? Ha appena catturato una mosca? Si
appresta a fare il gesto del torchio (avete presente Totò in
“Totò, Peppino e i fuorilegge”?)? Misteri del glam rock del bel
tempo (si fa per dire…) che fu. |
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AORARCHIVIA |
MARTIN DENNY "Romantica" |
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Martin Denny è stato una
stella nei primi anni ’60, creatore del genere Exotica che
spalmava la tradizione musicale polinesiana sul jazz e l’R&B:
musica cremosa, languida, perfetto sottofondo per cenette a lume
di candela, momenti intimi, insomma tutto il romanticume in cui
i nostri padri & nonni / madri & nonne sguazzavano ai bei tempi
che furono. E non a caso questa compilation del 1961 si intitola
‘Romantica’. Cosa ci sia esattamente di sentimentale nella
cover, però… D’accordo, abbiamo una coppia in atteggiamento
tenero, ma la domanda (ovvia) è: perché sono stati selezionati
proprio questi due stupendi campioni di umanità come esemplare
rappresentazione di ciò che è “romantico”? Sarà stato per la
stazza bovina di lei, l’espressione assente, anche quella
indubbiamente bovina (nel senso lato dell’espressione), o per
quella poppa simile ad un prosciutto di Parma che spunta
negligente dalla vestaglia? Sarà stato per il barbone incolto
stile pescatore norvegese di lui, il quale, più che rapito dalle
floride abbondanze della partner, ha l’aria afflitta e depressa
di uno a cui hanno appena pignorato i mobili? E se fosse stato
un prolungato ascolto della musica romantica di Denny a ridurli
in questo stato pietoso? Comunque, questa copertina costituisce
un ottimo argomento da opporre a chi si ostina a definire
“favolosi” gli anni ’60. |
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AORARCHIVIA |
MOXY "Under the Light" |
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Una cosa è certa: nei ’70 i
fotografi avevano una passione per le pose di gruppo dal look
aerodinamico: come spiegare altrimenti la disposizione precaria
ed al limite dell’acrobatico dei due in seconda fila, entrambi
appoggiati con la punta delle scarpe allo sgabello (o quello che
è) e le gambe tese in stile karateka o ginnasta circense? Anche
il biondo barbuto a sinistra ha dovuto adattarsi ad un appoggio
precario a schiena china (l’assistente del fotografo controllava
l’angolazione con un goniometro?), rischiando il torcicollo per
poter mostrare la faccia all’obiettivo. E sarà stata solo per
una questione di simmetria nella composizione dell’immagine che
il ricciolone seduto al centro ha spalancato le gambe, rendendo
spietatamente evidenti i suoi seri problemi di ernia inguinale?
Ma, attenzione, il suddetto ricciolone non era altri che Mike
Reno (ma qui usava ancora il suo vero nome, Mike Rynoski) futuro
cantante delle superstar dell’AOR canadese, i Loverboy. È chiaro
che il passaggio dai Moxy (che erano comunque, e nonostante le
bislacche soluzioni stilistiche adottate dal loro fotografo per
ritrarli, una band eccellente) ai Loverboy deve avergli in
qualche modo sistemato le budella, oppure il nuovo management
deve averlo dotato di un opportuno cinto erniario. |
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AORARCHIVIA |
PREDATOR "Easy Prey" |
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Della serie: ho la macchina
fotografica, dunque sono un Fotografo (con la maiuscola, of
course).
Cos’è più ridicolo, in questa
immagine? L’evidente immobilità della ragazza, che se ne sta
ferma sull’attenti con gli occhi mezzi chiusi? Le mani tese in
atteggiamento predatorio e vorace stile fumetto dell’aspirante
stupratore? Oppure la calza che porta infilata in testa alla
moda dei rapinatori di banche degli anni ’70? O la maglietta
tagliuzzata? O il fatto che se ne stia scalzo ad aspettare le
vittime potenziali, in pieno sole, dietro un palo (o quello che
cazzo è), dove è chiaro che può essere visto da chiunque?
A guardarlo bene, questo
gioiello dell’arte fotografica sembra un fotogramma di uno dei
tanti B movies californiani degli anni ’80 fatti di maniaci
sessuali, poliziotti palestrati e bellocci dal grilletto facile,
ragazze discinte con i capelli tinti e permanentati a cui band
heavy metal come i Predator contribuivano regolarmente con le
loro canzoni per ritmare le scene più violente o dinamiche o
sexy. Forse i ragazzi speravano che la cover potesse funzionare
come passaporto per la Hollywood dei bassifondi… |
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AORARCHIVIA |
SAVETA JOVANOVIC "Lazno
je, lazno, svesto je tvoje" |
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Annuncio: mancia competente a chi potrà
fornire indirizzo e recapito telefonico della beltà immortalata
sulla copertina di questo 45 giri, la yugoslava Saveta
Jovanovic. Non perché, come qualche maligno ha sussurrato, la
suddetta sia da anni una persistente e squisita ossessione
erotica della redazione di Classix!, ma soltanto per poter dare
un’identità precisa a questo succulento campione di femminilità
slava degli anni ’60. Inutile sprecare parole per commentare
un’immagine che parla da sé, schietta e onesta fino ai sensuali
ciuffi di pelo scuro che percorrono sinuosi la gamba destra, con
quel magico, irresistibile contrasto fra la coscia soda e
imponente che spunta dalla ridottissima mini ed i soffici
batuffoli di pelliccia che salgono tentatori fino a sfiorare in
maniera provocante l’attraente rotondità del ginocchio.
Se poi volete sentire la voce soave della
ragazza in un rappresentativo campione della musica
yugoslava dei ’60, tra pop e folk gitano, ecco il link su
YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=27T3aw9milk
Fateci avere le vostre impressioni, se
arriveranno commenti a valanga senza dubbio Fuzz metterà sotto
pressione Della Cioppa per un bell’articolone retrospettivo
dedicato a Saveta sulle pagine di Classix!. |
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AORARCHIVIA |
THE SENSUOUS
BLACK WOMAN MEETS THE SENSUOUS BLACK MAN |
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Non sapevamo che
blackploitation e sexploitation avessero avuto anche strascichi
discografici, e invece… Cosa sia esattamente contenuto in questo
disco (LP, EP, 45 giri?) non è dato saperlo, ma la cover è fin
troppo esplicita, per non parlare del titolo che, tradotto in
lingua madre fa ‘La sensuale donna nera incontra il
sensuale uomo nero’ (l’enfasi data dal neretto ce l’hanno
messa loro). Mistero anche sugli interpreti, identificati
semplicemente come “la Madama” e “il Principe”. Accantoniamo
dunque le fantasticherie riguardo questa presumibile
interpretazione audio del kamasutra, e concentriamo l’attenzione
sulla foto dei due performer. Non vi pare che la faccia del
Principe sia un po’ troppo scura rispetto al resto del corpo? È
semplicemente arrossito per l’imbarazzo? No: siamo solo al
cospetto di uno degli obbrobri dell’era pre-Photoshop. Quella
faccia, difatti, appartiene a qualcun altro: per essere più
precisi, il corpo nerboruto e ben dotato appartiene a qualcun
altro, il Principe c’ha messo solo la sua faccia (in senso
letterale), che un grafico ha ritagliato con la forbice
(probabilmente, dalla fototessera per la patente) e incollato
alla bell’e meglio sul copraccione di qualche camionista che ha
fatto da controfigura. Se il Principe abbia scelto questa
soluzione grafica perché era (nonostante tutto) un tipo pudico o
perché una sua foto senza vestiti e con le pudenda in bella
vista avrebbe scatenato conati di vomito e/o risate convulse ai
possibili acquirenti, resta un glorioso mistero della black
music degli anni ’70. |
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AORARCHIVIA |
FIREBALLET "Two, Too" |
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Prog rock: genere per
intellettuali, tipi sobri dall’aria pensosa, usi a perdersi fra
i meandri di musica cerebrale, complessa, raffinata… ma ne siamo
proprio sicuri? A giudicare dalla cover del secondo album dei
Fireballet, magari le nostre idee sul prog ed i suoi seguaci
sono (come minimo) da revisionare. O forse quest’immagine
nasconde un sofisticato messaggio visivo che il sottoscritto –
poco propenso a perdersi nei suddetti meandri – non è stato in
grado di cogliere? Il sapiente cromatismo degli abitini in cui è
inguainata la band ne è forse la chiave? Ma le espressioni
gioconde e le pose coerenti con tutù e calzamaglie da balletto?
Queste, certo, farebbero pensare più ad un festino di travestiti
bulgari, o al momento culminante di un acid test particolarmente
intenso.
Nessuna meraviglia, comunque,
che la band sia svanita nel nulla dopo questo album (il primo
disco l’aveva prodotto Ian McDonald dei King Crimson e
nell’ambiente del prog è considerato una lost gem) che neanche i
fan più devoti – suppongo – avranno avuto il coraggio di
prendere dallo scaffale e portare alla cassa del negozio di
dischi. |
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