RECENSIONI IN BREVE
AORARCHIVIA |
FOREPLAY "First Licks" |
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Non c’è poi molto da dire
riguardo questi Foreplay. Campionavano senza molta fantasia
Quiet Riot, Crüe, Dokken, Keel, Bryan Adams aggiungendo qualche
infiocchettatura melodica prevalentemente di marca Journey. Riff
elementari, cori orchestrati col minimo sforzo e registrati non
proprio impeccabilmente, un suono che vorrebbe essere cromato ma
spesso e volentieri è solo rumoroso, interventi di tastiere
molto saltuari e piuttosto insignificanti, una produzione dal
sapore artigianale che tradisce infallibilmente l’appartenenza
della band alla scena indipendente. Insomma, ‘First
Licks’ è un prodotto trascurabile, e più di tanti
meritevole di oblio.
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INDICE |
Big Time - 1985 |
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AORARCHIVIA |
BRAD DARRID "Brad Darrid" |
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Il tempo si era fermato al
1990 o giù di lì per Brad Darrid, che pubblicò questo primo (e
unico?) album nel ’97, troppo tardi perché il suo rock robusto,
potente e mai troppo brusco, levigato per scivolare fluido sulle
onde delle radio FM (radio che però, nel 1997, trasmettevano ben
altra roba, almeno negli USA) ma niente affatto patinato,
potesse riscuotere il minimo successo con la sua ben calibrata
miscela di Bryan Adams, John Waite, Mitch Malloy et similia.
Prodotto da Paul Laine, ‘Brad Darrid’
offriva un songwriting di buon livello seppure non strabiliante.
Un titolo minore, insomma, ma chi ama quel certo genere di rock
yankee praticato dagli artisti di cui sopra, dovrebbe
concedergli almeno un ascolto. |
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Escape - 1997 |
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AORARCHIVIA |
THIRD EDGE "T.I.M.E." |
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Naturalmente, avrei dovuto
scrivere di questo secondo album dei Third Edge quando è uscito,
molti mesi fa, ma sapete com’è… Pensavo che c’avrebbe pensato
qualcun altro, che qualcuno si sarebbe accorto della pura
magnificenza di ‘T.I.M.E.’ e gli
avrebbe reso quanto meritava. Ma dopo quasi un anno, non ci sono
recensioni, in nessuna lingua e ‘T.I.M.E.’
rischia di scomparire nel limbo e non deve, perché è un album
formidabile, uno dei più belli che l’hard melodico made in
USA ci ha regalato nel 2016, completamente fuori
dall’ortodossia scandinava contemporanea. Punti di riferimento:
i Rush più melodici, quelli di fine anni ’80, i Tall Stories del
primo album, tutto il rock che
Mike Slamer ha fatto sotto i suoi vari moniker, certi lavori
solisti di Gary Hoey, con saltuarie trasfusioni di atmosfere
zeppeliniane ed una canzone che non si può definire altro che
uno strepitoso southern rock OGM. Consigliato a tutti, ma in
particolare a chi è allergico alla monotonia melodica made in
scandinavia: negli USA si fa ancora l’AOR e molti sanno farlo
benissimo, come nessuno (deve ancora arrivare la band svedese o
norvegese che può convincermi del contrario…) nel Nord Europa
è capace. |
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Third Edge Limited - 2016 |
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AORARCHIVIA |
DION
BAYMAN "Don't Look Down" |
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Altro bell’album uscito nel
2016 di cui praticamente nessuno si è accorto è questo ‘Don’t
Look Down’ di Dion Bayman, stavolta made in Australia.
Un lavoro di ottima caratura, AOR hard edged con una leggera
impronta moderna ed un sound che impasta (e molto bene) le trame
melodiche di Unruly Child e Harlan Cage. La resa fonica è
ottima, la produzione accurata: se Bayman si fosse affidato a
qualche label per la distribuzione e la promozione invece di
fare tutto da solo, forse ‘Don’t Look Down’
avrebbe avuto tutta la rinomanza che merita.
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AUTOPRODUZIONE - 2016 |
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AORARCHIVIA |
VIANA "Viana" |
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Debutto solista per il
chitarrista italiano Stefano Viana, un progetto (pare)
lungamente covato che ha trovato infine realizzazione pratica
nel 2016 grazie alla produzione di Alessandro Del Vecchio (qui
anche cantante, nonché coautore con Viana di tutte le canzoni)
ed alla partecipazione del suo team di musicisti di fiducia.
Dieci schegge di hard melodico molto elettrico (fa eccezione
solo la ballad “That Place With You”) e molto classico, a cui
Del Vecchio ha dato spesso una vigorosa impronta arena rock.
Un esordio ben riuscito. |
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Street Symphonies Records -
2017 |
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AORARCHIVIA |
JESSIE GALANTE "Show Must Go On" |
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Jessie Galante ha inciso poco
ma ha sempre avuto un'intensa attività live e nel nostro genere
viene ricordata per essere stata la cantante di quei Fire che
furono una delle migliori band rimaste senza contratto nella
California AOR dei bei tempi andati. Questo nuovo album è
stato inciso con una pattuglia stellare di musicisti (solo per
fare due nomi: Marc Ribler e Rob Bailey alle chitarre) ed è un
lavoro dal sound multiforme, cangiante, che Jessie cavalca
sempre autorevolmente con la sua notevole voce alla Tina Turner
(in una versione più acuta e pulita), passando con straordinaria
nonchalance dal funk molto acido di “Diamond
in The Sky” alle sonorità moderne di “Dreamer”
e “Remains Of The Day”, dallo slow
blues con belle fiammate elettriche “More
Like Love Divine” all’AOR hard edged di “Drown”,
dall’hard rock rauco e anni ’70 di “Mamma
Said” ad una divina ballad intitolata “Nights
In White Satin”, che sboccia fatata e suggestiva e sale
in gloria verso orizzonti pomp e orchestrali.
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Tarzan Music - 2017 |
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AORARCHIVIA |
BIG ATLANTIC "Tempered" |
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La quadratura del cerchio tra
rock classico e moderno? Di certo, questo ‘Tempered’
è un buon inizio. I Big Atlantic passano con indifferenza dal
passato al presente, così che in una canzone sembrano una
versione asciutta dei The Answer (in genere, quelli più
zeppeliniani) nella successiva sparano combinazioni
ritmico/melodiche tipiche degli Shinedown o dei Nickelback.
Opportunismo, cerchiobottismo o sincero desiderio di mettere
d’accordo due mondi piuttosto restii a rivolgersi la parola?
Comunque, un album interessante e, in un certo senso, anche
coraggioso. |
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Autoproduzione - 2017 |
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AORARCHIVIA |
RICHARD GRIECO "Waiting For The Sky to Fall" |
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Album di AOR molto patinato
questo ‘Waiting for the sky to fall’,
unica esperienza musicale dell’attore e modello Richard Grieco.
Songwriting di altissimo livello (tra gli autori c’è pure Mark
Spiro) e produzione raffinata con il plus del contributo alla
chitarra di un luminare come Tim Pierce. C’è un sovrappiù di
ballad (tutte eccellenti, però) e alcune belle fiammate di
energia (“Please Let It Rain”, “Voice
With No Name”, “Borrowed Time”,
“Anything For You”, “Crying
In The Street”) in cui la voce del Nostro non si esalta
del tutto: pur avendo un bel timbro accattivante (come un Jon
Bon Jovi più rauco e profondo) difetta un po’ in potenza e
volume. Comunque, un album pregevole. |
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edel - 1995 |
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AORARCHIVIA |
LINDSY SAYS "Heaven's Vanity" |
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Moderno, ma non del tutto. Fra
i soliti punti di riferimento per quanto riguarda l’attualità
(Nickelback, Shinedown), vengono inserite più tradizionali
alchimie del rock melodico (Bon Jovi, certo metal californiano
tra – diciamo – i Crüe ed i Love/Hate). Il songwriting è
brillante e la voglia della band di non passare per semplici
cloni di entità in voga risulta evidente. Potrebbero avere un
grande futuro, anche se la scelta dell’autoproduzione limita per
ora le ambizioni di una band sicuramente da tenere d’occhio. |
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Autoproduzione - 2017 |
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AORARCHIVIA |
WARRANT "Louder - Harder - Faster" |
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Un mezzo passo indietro, ‘Louder
Harder Faster’? Sì, se lo paragoniamo a ‘Rockaholic’.
Questo nuovo album è un ottimo lavoro di hard rock americano sul
versante dello street anni ’80, con richiami più forti rispetto
al passato a quanto fatto dai Lynch Mob e la solita, piacevole
vena party rock. Se dovessi dargli un voto, come facciamo a
Classic Rock, si prenderebbe un bel 7. Ma ‘Rockaholic’
– di cui potete leggere la recensione seguendo il link – si
sarebbe meritato un 9. Cos’è successo? Semplice: per questo
nuovo album, dietro il banco del mixer si è seduto Jeff Pilson,
mentre ‘Rockaholic’ l’aveva diretto
quel genio della produzione che risponde al nome di Keith Olsen.
Ed i Warranti, ieri e oggi, hanno sempre avuto bisogno di grandi
produttori (Beau Hill fu il loro regista sui primi due album)
per eccellere e salire quel gradino che separa un buon disco da
un grande disco.
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Frontiers - 2017 |
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AORARCHIVIA |
UNDER FIRE "Flame" |
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Non soverchiamente originale
il materiale che gli Under Fire presentavano su questo loro
primo ed unico (da quel che so) album, ma sempre godibile. Si
saltabecca piacevolmente fra Bon Jovi e Stryper, Autograph e
Baton Rouge, Alias e Zebra, White Sister e Haywire, con una
produzione articolata che gestisce molto bene le atmosfere
mutevoli fra una canzone e l’altra, begli impasti vocali e gran
spiegamento di keys quando serve. Uscito nel tremendo 1991 negli
USA e qualche anno dopo in Europa, ‘Flame’
purtroppo era un gran bel disco nato morto. Sicuramente da
recuperare. |
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Skyline Records - 1991 |
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AORARCHIVIA |
NEWMACHINE "Karma" |
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Notevole, questo esordio dei
Newmachine, band americana con una line up che comprende un paio
di reduci da formazioni più o meno note come Bulletboys e The
Regulators, dedita ad uno street rock metallico totalmente anni
’80 che ha come punto di riferimento i Lynch Mob e – in misura
decisamente minore – L.A. Guns (era ‘Cocked
And Loaded’) ed i Babylon A.D. di ‘Nothing
Sacred’. La qualità delle canzoni è veramente alta, la
produzione (del veterano Howard Lindeman) risulta precisa e
ficcante: in definitiva, ‘Karma’ è
una delle migliori esercitazioni sul tema dello street che abbia
sentito da anni a questa parte: se le band sopracitate sono fra
le vostre preferite, i Newmachine hanno sicuramente molto da
offrirvi. |
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HighVolMusic - 2017 |
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AORARCHIVIA |
THE BLITZ "Get It On" |
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Mega rarità disponibile solo
su LP fino a quando non venne ripubblicato dalla Retrospect nel
2006, questo unico album dei The Blitz era un' efficace anche se
non indispensabile trattato di arena rock elementare e diretto,
con la band di Tim Pilz (cantante dalla tipica vocetta acuta,
penetrante ma non fastidiosa) ad inseguire principalmente i
campioni assoluti del metal da spiaggia, gli Autograph, corretti
a volte con una punta di Crüe d’annata per un risultato generale
che richiama quanto di lì a due anni faranno i molto più
fortunati Slaughter. Tastiere presenti quanto basta in fase di
rifinitura, riverbero a camionate come era d’uso all’epoca,
produzione e resa fonica accettabili. Il meglio, nella title
track e in “Take Me to the Top” e “I
Need Love”, piacevolmente anthemiche, ma tutti questi
trentacinque minuti scarsi di musica riusciranno graditi ai fan
del metal ultramelodico made in California.
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SSP Records - 1988 |
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AORARCHIVIA |
LOVE 'N REVENGE "Karma" |
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I Love ‘N
Revenge di Damon Kelly (già singer e leader dei Rockarma)
arrivano al secondo album con questo ‘Karma’
(il riferimento alla band di cui sopra è ovviamente tutt’altro
che casuale), proseguendo lungo la strada di un metal
californiano nient’affatto brusco e ad altissimo grado di
inquinamento melodico. Ratt, Crüe, Autograph, Quiet Riot,
Slaughter, Kix, Def Leppard vengono shakerati piacevolmente
lungo le dodici canzoni che compongono l’album per un risultato
finale senza dubbio gradevole per chi ama l’hard melodico nato a
L.A. nei Big 80s. L’unico vero punto debole di ‘Karma’
sta nella voce imbalsamata del cantante: il genere richiede
ugole viziose, raspose, o comunque dotate di una certa
personalità, e il canto stile carillon di Kelly rischia
costantemente di disinnescare canzoni che vivono comunque di
luce riflessa. |
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Kivel - 2017 |
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AORARCHIVIA |
JULIET "Juliet" |
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Band
internazionale, questa raccolta sotto il nome di battesimo della
cantante. Lei dovrebbe essere belga, il chitarrista e produttore
Steven Keusch tedesco come il resto della band (anche se nutro
dubbi riguardo la lead guitar Pete Sorrentino). Comunque, ‘Juliet’
era un album discreto con più di un highlight: il riffing
nervoso e pulsante di “Love Is War”,
le atmosfere molto Van Halen (sia pur in versione Bulletboys) di
“Soul Shaker”, le sfumature western
alla Bon Jovi di “Habitual Things”.
Il problema era la voce di Juliet: pur essendo abbastanza
potente e dotata di una certa tecnica, possedeva una timbrica
che (a me, almeno) risulta non del tutto accattivante. Comunque,
un prodotto per nulla disprezzabile. |
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Shark Records - 1993 |
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AORARCHIVIA |
HEADMASTER "The Kids Said Rock" |
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Di nuovo disponibile grazie ad
Amazon per il download, questo unico album degli Headmaster
(creatura
dell’ex Bronz Chris Goulstone)
è
stato una costosa (i CD vanno via a cifre sui 100 euro) rarità
per molto tempo. Uscito nel 1992, ‘The
Kids Said Rock’ era fatto di un hard rock melodico
sofisticato, ma coniugato in una forma per nulla “appariscente”,
con un songwriting che spesso cerca di scansare l’ovvio ma senza
uscire dal seminato. Le coordinate sonore di queste canzoni
generalmente brevi (a volte sotto i canonici tre minuti) sono
quanto mai varie, si passa dai Journey in versione funky di “Fade
Away” al clima alla Joan Jett di “One
More Try”, dall’FM rock stile John Waite di “Rock
‘N’ Roll Cat” alle atmosfere Bad Company di “Gypsy”.
Non tutto è oro (le mie orecchie dicono che il refrain di “One
More Try” è inspiegabilmente stonato, la title track è
lineare e diretta in maniera tediosa) ma c’è molto di buono e un
plus fondamentale è dato dalla voce bellissima di Tania Lloyd:
aggressiva, espressiva, sexy, un sospetto roca: una voce,
insomma, intensamente rock che è stata purtroppo inghiottita nel
nulla assieme agli Headmaster. |
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Jaguar - 1992 |
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AORARCHIVIA |
THEATRE "Sexy Lady + City Lights + 3 More" |
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Niente di speciale, questi
Theatre: un po’ Autograph, un po’ Journey, un po’ Crüe… Bravo il
cantante, passabile il chitarrista solista, variabile la resa
fonica. Il CD pubblicato dalla FNA nel 2013 comprende l’opera
omnia (il primo album del 1990, le canzoni pubblicate su un demo
uscito solo su cassetta l’anno precedente e altri tre pezzi di
sconosciuta collocazione temporale) di una band certo non
indispensabile, ma che riuscirà senza dubbio gradevole a chi ama
il classico suono metal melodico californiano.
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FNA Records - 2013 |
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AORARCHIVIA |
PSEUDO ECHO "Race" |
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L’unica cosa che si poteva
rimproverare a questo disco degli australiani Pseudo Echo era
una certa convenzionalità che rinchiudeva il loro AOR in un
territorio ben delimitato da quattro monikers: Journey,
Honeymoon Suite, Glass Tiger, John Parr (quest’ultimo occhieggia
soprattutto nella ballad ‘Searching For
Glory’) Per il resto, nulla da dire: produzione
impeccabile (di Julian Mendelsohn, condivisa con il cantante e
chitarrista Brian Canham, ma una canzone è prodotta da Brian
Malouf), songwriting efficace, arrangiamenti sapientemente
movimentati. |
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BMG - 1988 |
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AORARCHIVIA |
VXN "VXN" |
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Ottimo album indipendente
(ristampato in CD nel 1999) per questa band canadese guidata
dalla interessante voce di Sherrie Marginean (timbro
accattivante, acuto e un po’ nasale, all’epoca giovanissima e
poi apprezzata vocal coach in patria) che si produceva in un AOR
piuttosto aggressivo ma per nulla ispido, con le tastiere a
bilanciare sapientemente le chitarre e belle melodie vocali di
stampo pop su un songwriting di buon livello, un melange di
Journey, Headpins, Coney Hatch e Scandal. In definitiva, un
buonissimo lavoro che porta con sé tutto il sapore dell’AOR metà
anni ’80. |
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Osmosis - 1985 |
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AORARCHIVIA |
AIRBOUND "Airbound" |
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Debutto per gli italiani
Airbound, band che confeziona con questo suo primo album omonimo
un prodotto in grado di competere ai livelli più alti nel
mercato del melodic rock, composto da dieci canzoni che spaziano
nel genere dal classico (in prevalenza di matrice Bon Jovi, ma
anche Journey e Survivor) al moderno scandinavo, anche se il top
sta per me in quel metal californiano OGM intitolato “Runaway”
che si pone al crocevia fra i Ratt e quanto Ozzy fece al tempo
di ‘The Ultimate Sin’. Eccellente
la produzione, ottima la resa fonica, aggiungiamo qualche ospite
prestigioso (Sven Larsson, il bravissimo Mario Percudani) e
abbiamo un album davvero di notevole fattura, con l’unico neo
della pronuncia inglese a tratti un po’ sforzata del comunque
ottimo cantante Tomás Borgogna: handicap molto relativo
considerato che il pubblico del rock melodico è ormai quasi
tutto concentrato nell’Europa continentale.
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Art Of Melody Music - 2017 |
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AORARCHIVIA |
MARTINA EDOFF "We Will Align" |
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Nei primi due album di Martina
Edoff ho apprezzato la qualità della voce ed i riusciti
tentativi del suo team di musicisti di sfuggire alla consolidata
monotonia melodica scandinava. In questo terzo ‘We
Will Align’, purtroppo, la voce sempre bella e potente di
Martina si perde spesso proprio lungo quei sentieri che prima
riusciva ad evitare brillantemente. Sarà perché è cambiata in
parte la sua backing band, ma adesso il songwriting appare
largamente prevedibile e troppe volte si ricade nel già sentito
(sia pure impeccabilmente cantato e suonato), come nella title
track, con le sue trame pompose e metalliche che sembrano
riprese pari pari da un qualunque album recente degli House of
Lords. “Champions” e “I’m
Invincible” lasciano sperare bene, con le strofe ritmate
da riff che fanno tanto ultimi Whitesnake, ma si afflosciano su
refrain banali e triti. Molto meglio va nella altrettanto ben
ritmata “Truth Came Knocking”,
nella power ballad dalla linea melodica presa in prestito alla
“Ten Years Gone” zeppeliniana intitolata “Face
the Mirror”, mentre la movimentata (anche nelle vocals) “Set
You Free” offre garbatamente atmosfere più moderne e
costituisce il modesto top di un album che non rappresenta la
consacrazione di una cantante su cui il sottoscritto decisamente
puntava ma invece un brusco stop alle ambizioni di un’interprete
che si era dimostrata capace di distinguersi nel troppo uniforme
panorama della vocalità femminile made in Scandinavia e qui
suona invece come un clone o quasi di tante sue algide colleghe
di passaporto Nordeuropeo.
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AOR Heaven - 2017 |
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AORARCHIVIA |
GENEVA
"Last of the Rebels" |
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Questi Geneva – autori (pare)
di questo unico album nel 1992 – avevano un sound che si potrebbe
descrivere come una versione cromata e AOR di quello della
Allman Brothers Band, o forse un’estensione in senso melodic
rock del Gregg Allmann di ‘I’m no Angel’
e ‘Just Before the Bullets Fly’.
L’elettricità viene dosata con una certa parsimonia, le
timbriche degli strumenti sono brillanti, la resa fonica
eccellente, il cantante ha una voce molto profonda che in
qualche frangente lo mette un po’ in difficoltà. C’è un surplus
di ballad, ma tutte di buona fattura, il blues elettrico “Best
Friend Blues” è scontato ma viene arricchito con begli
assoli di organo Hammond mentre in chiusura ascoltiamo una cover
dignitosa della “You Are so Beautiful”
portata al successo da Joe Cocker. |
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Backstage Records - 1992 |
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AORARCHIVIA |
MINDFEELS "XXenty" |
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Di notevole
caratura questo esordio dei Mindfeels, band italiana che i
comunicati della label definiscono “westcoast” ma in realtà
pratica con notevole perizia l’AOR più sofisticato nello stile
fine anni ’80 / primi anni ’90. C’è molta atmosfera in queste
undici canzoni che percorrono gli stessi sentieri battuti da
Toto, Michael Thompson Band, i World Trade del primo album, i
Saga, con saltuari echi r&b ed un funky hi tech di gran classe.
Il top (per me) sta in “Speed”,
sinuosa, potente e rarefatta nella stessa misura, spettacolare
in suo modo cerebrale e raffinato, debitrice sia del Tommy Shaw
di ‘Ambition’ che dei mai
abbastanza lodati Warp Drive. Consigliatissimi! |
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Art Of Melody Music - 2017 |
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AORARCHIVIA |
TARGET "In Range" |
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Spunta a sorpresa un terzo
album dei Target, la prima band di Jimi Jamison buonanima.
Registrato nell’autunno del 1979, ‘In
Range’ è oltretutto un ottimo album, il migliore prodotto
da questo monicker poco rinomato. Nel loro rock robusto e
melodico permaneva una forte componente southern alla Skynyrd /
Outlaws che andava a sposarsi ad un songwriting tipico del
periodo, con forti reminiscenze di Led Zeppelin, Rainbow e Bad
Company e qualche spunto originale, come nel masterpiece “Love
Magician” che parte come un funk nero e pesante evolvendo
in una tranche d’atmosfera davvero ispirata. Belle le canzoni,
grandissime le vocals di Jimi: insomma, una piccola, lucente
gemma riemersa da quell’oceano apparentemente senza fondo
costituito dagli album unreleased. |
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Escape - 2017 |
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AORARCHIVIA |
ENRICO SARZI "Drive Through" |
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Enrico Sarzi fa il suo debutto
solista dopo le positive esperienze con Midnite Sun e Moonstone
Project, proponendo un album che pare ispirato soprattutto
dall’universo sonoro dei Bon Jovi (da ‘Keep
The Faith’ in giù) con il plus di una produzione moderna
e variegata. Piacciono soprattutto “Nothing
To Live For” e “S.O.S. To God”,
che hanno strofe arcane ed insinuanti e refrain freschi e di
grande estensione melodica, l’assolo di sax nel contesto
elettroacustico di “Strange Freedom”,
le sfumature western di “Inferno”.
Forse il tono generale delle canzoni è una punta troppo mesto,
ma ‘Drive Through’ è un buonissimo
album che conferma la validità della scuola italiana in ambito
rock melodico. |
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Street Symphonies -
2017 |
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AORARCHIVIA |
AERODYNE "Breaking Free" |
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Prodotto per irriducibili
nostalgici della metallurgia pesante americana degli anni ’80
questo esordio degli svedesi Aerodyne, che ci sparano un metal
mai troppo power e più spesso declinato alla maniera
californiana di Ratt, Crüe e Keel, ma senza il cantato pop/glam
e con un voltaggio sempre alto che autorizza paragoni anche con
quanto in quegli anni suonavano Malice e Leatherwolf. Le parti
di chitarra sono vivaci e accattivanti, il cantante non ha
polmoni d’acciaio ma fa il suo compito senza sfigurare, la
produzione è tagliente come il genere richiede. Se siete in vena
di un tuffo nel metal yankee dei Big 80s (sia pure inciso in
Svezia), catapultatevi senza indugio su ‘Breaking
Free’. |
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Street Symphonies - 2017 |
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AORARCHIVIA |
MARTEE LEBOW "Love’s
A Liar" |
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Non è mai uscito in CD, questo
unico album di Martee Lebow, ma dal 20 febbraio 2018 saranno in
vendita gli .mp3 su Amazon Music: dobbiamo considerarla una
ristampa? Comunque, rende dopo trenta e passa anni di nuovo
disponibile ‘Love’s A Liar’ , un
lavoro di pop rock e AOR che più Big 80s non si può: ritmiche
vivaci, begli intrecci vocali, frequenti interventi di sax,
tastiere sempre molto presenti e spesso programmate col
sequencer. Come sound, siamo generalmente di fronte ad un efficace
incrocio tra Billy Squier ed i Toto, ma in un paio di frangenti
gli elementi del cocktail diventano Bryan Adams e John Parr,
anche se ‘I Must Be In Love’
ricorda decisamente i Cock Robin e se togliamo le chitarre
elettriche a ‘One Good Reason’ ci
resta una canzone che sarebbe andata benissimo per la colonna
sonora di ‘Grease’. Prodotto
ottimamente da John Jansen, con il bravo Bobby Messano alle
chitarre e la bella voce rock di Martee, ‘Love’s
A Liar’ era insomma un prodotto easly listening, ma
curato e fatto con gran classe.
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Atlantic - 1987 |
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AORARCHIVIA |
ROMEO RIOT "Sing It Loud" |
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È stata presentata come la all
star band della Kivel Records, formata com’è da membri di Bombay
Black e Tango Down, e in effetti l’esordio di questi Romeo Riot
ha momenti molto interessanti: è un lavoro ben bilanciato tra
passato e presente del rock melodico, passando dal sound svedese
moderno alla H.E.A.T / W.E.T. (“Room To
Run”, “Streets Of Babylon”,
lo spettacolare arena rock di “Same”)
a più tradizionali alchimie anni ’80 (l’impasto fra Bad English
e Bon Jovi della power ballad “What If We
Were Wrong”, la molto Whitesnake “Twist
Of Fate”, i chiaroscuri alla Bon Jovi contemporanei di “Sing
it Out” e “Cry”, il metal da
spiaggia un po’ Alias “I Want To Try”).
Se il riffing suona sempre abbastanza scontato ci sono in
compenso ottimi spunti di tastiere ed una produzione accurata e
bombastic: non un capolavoro, ma senza dubbio un ottimo
album. |
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Kivel Records - 2017 |
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AORARCHIVIA |
ICE TIGER "Love 'N Crime" |
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Ripubblicato nel 2004 l’unico
parto di questa band australiana arrivata fuori tempo massimo
(era il 1993), con il suo hard rock eclettico e in più di un
frangente superiore alla media. L’inizio non era però dei
migliori: “Don’t Say” diceva poco col suo riffone alla AC/DC,
“Turn To Fantasy” era una cavalcata metallica epicheggiante ma
con ritornello class, “All I Need Is A Friend” una power ballad
dai toni gravi. Il livello saliva decisamente con “Lonely
Heart”, hard bluesy, uno slow bollente dal bell’arrangiamento
variegato, mentre “Castaway” suonava roboante alla Queen e
notevole risultava anche “Lovin’ Crime”, ispirata alle stesure
più swinganti dei Van Halen, con una bella chitarra r&b che
accelera il ritmo a metà canzone. “Paradise” si situava al
crocevia di Journey e Loverboy, “Running For Cover” era un class
metal d’atmosfera (un po’ alla Whitesnake di “Is This Love”),
“Little Runaway” parlava la lingua di John Waite e chiudeva
“Never Let Me Go”, arena rock dalla bella freschezza melodica
canuck. Ristamparlo non è stato uno sproposito.
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I.T. - 1993 |
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AORARCHIVIA |
BABY TUCKOO "Force Majeure" |
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Cosa possiamo dire di questa
band britannica, con una discografia di appena due album? Tanto
per cominciare, che svariavano molto nel sound: l’iniziale
“Rock Rock” è un anthem metallico con momenti d’atmosfera,
discreto ma troppo lungo e pasticciato, c’hanno semplicemente
ficcato dentro troppa roba finendo per strafare, “Shoot On
Sight” fa pensare invece agli Uriah Heep, virati in tonalità
heavy metal. “Over You” guarda ai Triumph primi anni ‘80, allo
stesso modo di “Long Way Down” e “The Lights Go Down” (questa
con qualcosa dei Van Halen più pop). Se “I’m Yor Man” è
scatenata e divertente, “Promises” aggiunge alla solita matrice
sfumature bluesy che fanno pensare addirittura ai Doobie
Brothers, ma anche questa risulta troppo lunga e finisce per
risultare noiosa. La produzione è di buon livello,
caratterizzata da un uso tutt’altro che parco delle tastiere e
da fitti impasti vocali. Insomma, una di quelle band senza
infamia e senza lode, i Baby Tackoo, buoni artigiani che non
sono mai diventati maestri.
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Music For Nations - 1986 |
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AORARCHIVIA |
FIRE
TIGER "Suddenly Heavenly" |
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Un vero e proprio gioiellino
questo secondo album dei Fire Tiger (arrivato a ben cinque anni
dall’esordio), pura ambrosia sonora per chi ama il pop rock e la
soft side dell’AOR anni ’80. Produzione superba, arrangiamenti
fantasiosi che condensano i teoremi sonori della band in canzoni
brevi dominate dalle timbriche di tastiere e dagli effetti di
trent’anni fa. Il meglio, nei deliziosi impasti vocali pop di “Ice
Age” e della title track, nell’andamento danzereccio,
quasi come degli Headpins moderni su ritmi EDM, di “Guarantee”,
nel techno AOR dal ritmo robotico ed il refrain solare
intitolato “Easy Road”. La voce
della cantante Tiff Alkouri è un ulteriore plus: nasale e di
gola allo stesso tempo, più bassa che acuta, gradevole e sexy in
un suo modo tutto particolare.
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INDICE |
Fire Tiger Music - 2018 |
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AORARCHIVIA |
EDDIE & THE TIDE "Stand Tall" |
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Ristampato dalla Target nel 2003 assieme
all'immediatamente precedente 'Dig Down
Deep' in un unico CD, l'ultimo album di Eddie e le sua
marea (ma che accidenti di monikers vanno a inventarsi, certe
volte...) era un buon album di FM rock, svariando fra i più
tradizionali punti di riferimento del genere: Eddie Money, Bryan
Adams, John Waite, John Parr, il Bon Jovi più Springsteen
oriented. Il songwriting oscilla fra il buono e lo scontato,
ma anche le canzoni meno originali si fanno ascoltare grazie
agli arrangiamenti ed alla produzione, entrambi molto curati.
Insomma, un prodotto di medio livello: certo non indispensabile
ma per nulla sgradevole o inutile. |
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Spin Records - 1989 |
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AORARCHIVIA |
WILD ROSE "Half Past Midnight" |
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Per chi se lo fosse perso nel
2011, arriva oggi la ristampa dell’esordio davvero pregevole di
questa stupefacente band greca. “Stupefacente” perché proprio
non ti aspetteresti una così efficace clonazione del suono più
cromato e lussuoso dell’hard melodico americano dei Big 80s da
chi incide fuori dagli States. Tra richiami a Whitesnake (quelli
più patinati di “Is This Love”), Lion, Firehouse, Bad English, i
Bon Jovi di ‘Slippery…’, ‘Half
Past Midnight’ procede senza intoppi, donando tre quarti
d’ora di eden sonoro a tutti i nostalgici del grande rock
melodico del bel tempo che fu. |
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Lions Pride Music - 2018 |
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AORARCHIVIA |
THE RADIO SUN "Unstoppable" |
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Dei The Radio Sun va
sottolineata sopratutto la pervicacia: è dal 2014 che fanno
uscire un album all’anno che regolarmente nessuno si fila o
perde tempo ad ascoltare, ma loro – fregandosene beatamente,
pare – vanno avanti imperterriti, macinando canzoni come niente
fosse. L’indifferenza non è poi del tutto ingiustificata, dato
che di band come i The Radio Sun ce n’è in giro una quantità
indecente: un po’ classic, un po’ modern, scarsissima fantasia
negli arrangiamenti, chitarrismo di una banalità allucinante. Il
fulcro attorno a cui gira tutto sono le melodie, sempre ben
giostrate tra voce solista e cori, che risultano abbastanza
accattivanti, ma è troppo poco per permettere a questi
australiani di fare seriamente concorrenza a colossi come
H.E.A.T o One Desire.
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Pride & Joy Music - 2017 |
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