RECENSIONI IN BREVE
AORARCHIVIA |
MANFRED MANN'S EARTH BAND "Somewhere in Afrika" |
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Per gli amanti dell'AOR fuori
dagli schemi, il sudafricano Manfred Mann propose, all'alba dei
Big 80s, una fascinosa mescolanza di pop sintetico, AOR
sull'asse Toto/Loverboy e musica etnica. A volte accessibile e
addirittura avvincente (l'immensa "Runner",
la freschezza melodica molto Loverboy di "Rebel"
e "Third World Service", il
lirismo di "Redemption Song"),
altre meno immediato (l'AOR hi-tech ma un po' stralunato di "Demolition
man" e "Tribal Statistics"),
altre ancora decisamente avventuroso ("Eyes
of Nostradamus" e l'imponente "Africa
Suite", che mescolano rock melodico e musica africana), 'Somewhere
in Afrika' resta un capolavoro misconosciuto del nostro
genere e un tentativo riuscito di comunicazione tra culture
diverse e antitetiche solo in apparenza. |
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Bronze Cohesion - 1982 |
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AORARCHIVIA |
GARBO TALKS "Garbo talks" |
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Allo stesso modo dei Restless, i
Garbo Talks sono una band mai esistita, un monicker che si è
trascinato tra il 1990 ed il 1998 collezionando solo demo.
Eppure, sotto quel monicker c'erano personaggi di prima
grandezza nel firmamento dell'AOR americano - Al Greenwood, Bob
Held, Tony Bruno - ed un singer sconosciuto ma strepitoso, Jon
Gorman. Questo disco racchiude la sua opera omnia, undici
canzoni registrate nell'arco di otto anni. Si passa dall' AOR
hard edged al crocevia di Survivor e Foreigner ("Only
Love", "Hard Times", "This
Could Be The Night"), all'hard melodico un po' anni '70
di "Elenah", dal class metal molto
Hurricane intitolato "Give You My Lovin'",
al mid tempo bluesy con coro AOR "Standing
In The Same Room". "Fire Me Up"
e l'anthem d'atmosfera "Easy Come, Easy Go"
suonano come un cocktail di Autograph e Great White, "Foolish
Heart" è un funky saltellante con refrain un po' Journey,
il class metal "I Live For You"
precede "Game Of Love", lussuoso
hard melodico che vede come ospiti tre quarti dei Kiss.
Songwriting di notevole caratura, resa fonica discreta: se non è
una lost gem, poco ci manca. |
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MTM - 1998 |
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GARY JOHN BARDEN "Eleventh hour" |
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Il meglio che si può dire di Gary
Barden come cantante è che riesce a restare sempre passabilmente
intonato. La sua tecnica è modesta, il volume non è certo
esorbitante ed il timbro anonimo. Se non fosse stato per Michael
Shencker che lo volle – Dio solo sa perché – nei primi,
fantastici album del MSG, oggi Gary Barden venderebbe macchine
usate o starebbe dietro il bancone di un pub di periferia,
invece la sua carriera prosegue con una continuità invidiabile.
Quest’ultimo ‘Eleventh Hour’ è
prodotto da Michael Voss e, coerentemente, parla in prevalenza
la lingua del melodic metal tedesco, con qualche puntata verso
gli USA e la natia Gran Bretagna. Un lavoro non esecrabile ma
sostanzialmente superfluo. |
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Escape - 2011 |
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SARACEN "Marilyn" |
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Riemersi qualche anno fa dalle
nebbie fosche e remote della New Wave Of British Heavy Metal, i
Saracen hanno aggiornato moderatamente la loro proposta in senso
AOR e con quest'ultimo album ci servono un concept basato sulla
vita di Marilyn Monroe, undici canzoni di cui ben cinque
interpretate da Robin Beck ("Who
Am I"
cantata in duetto con Steve Overland) ed una da Issa.
Globalmente è un disco un po' arruffato, comincia con uno
strumentale, alterna l'AOR all'heavy metal classico, ma le
canzoni interpretate dalle ragazze sono di buona fattura e da
sole valgono l'acquisto. |
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Escape - 2011 |
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AORARCHIVIA |
WORK OF ART "In progress" |
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Chi ha
nostalgia del robusto AOR pomp perfettamente bilanciato tra
Journey e Styx dei Final Frontier può alleviare le crisi
d’astinenza ricorrendo a questi svedesi giunti al secondo album.
Il songwriting non è brillante come quello della band di Rob
Moratti e Mladen, il suono è più freddo e levigato ed il volume
delle chitarre è sistematicamente più basso, ma le coordinate
sono proprio quelle, Lars Säfsund ha una gran bella voce e la
resa fonica è eccellente. Peccato solo che una produzione
impeccabile dal lato formale ma terribilmente monocorde (nessuna
variazione né di timbriche né nei volumi e neppure nella
disposizione di voci e strumenti nello spazio sonoro lungo
l’intero album) appiattisca tutto facendo sembrare le canzoni
la fotocopia l’una dell’altra. |
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Frontiers - 2011 |
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AORARCHIVIA |
ISSA "The storm" |
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Il come back della procace nasona
norvegese Issa vede all'opera come songwriter principali l'ormai
onnipresente società composta da Sall, Martensson e Goodrum.
Sound nitido ma con un volume sostenuto, ritmiche geometriche e
monotone,
taglio moderno (in qualche circostanza, anche troppo), ma il
giochetto di riciclare sempre le stesse canzoni dei dischi di
W.E.T. e Eclipse ormai sbrodola nel grottesco ("Black
Clouds" ha lo stesso refrain di "Invincible" dei W.E.T.,
però risulta scritta dal tastierista e produttore Daniel Flores: chi ci
capisce è bravo...).
Issa ha imparato ad essere più espressiva e pare aver preso
Celine Dion come riferimento principale per il suo stile di
canto, ma la sua voce acuta e cremosa continua a sembrarmi poco adatta al rock,
melodico o meno. |
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Frontiers - 2011 |
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AORARCHIVIA |
TALON "III" |
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Questo terzo album dei Talon è
fatto in prevalenza di un class metal anonimo ed opaco, piatto e
per nulla incisivo, con frequenti sbandamenti verso l'Heavy
classico ("Take
You All The Way" sembra rubata ad un disco di Malmsteen,
non per caso l'hanno fatta cantare a Jeff Scott Soto). Le cose
migliori vengono nella seconda parte, con la ballad "Maybe One
Day", il ritornello vivace di "You Don’t Know Me At All",
il ritmo galoppante a cui si muove "Walk
Away", le sfumature californiane di "Jane".
La qualità audio è buona, la voce del singer Shawn Pelata
risulta anonima in perfetta coerenza con la gran parte del
materiale presentato. Per me, praticamente trascurabili. |
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Escape - 2011 |
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AORARCHIVIA |
HEART "Greatest Hits" |
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Chi conosce la produzione degli
Heart solo dal disco omonimo del 1985 in poi, può rivolgersi a
questa eccellente compilation per iniziare il suo viaggio nella
musica che le sorelle Wilson facevano nei '70 e nei primi anni
'80. Sedici canzoni che includono i maggiori successi della band
(con, tra gli altri, la storica "Barracuda",
la melodia zingaresca di "Straight On",
la soave dolcezza di "Dog and Butterfly",
le sfumature zeppeliniane di "Bebe le
Strange") più una versione live di "Rock
and Roll" dedicata all'appena scomparso John Bonham ed
un inedito registrato per l'occasione, "Strong,
Strong Wind". 'Greatest Hits'
è uscito solo negli Stati Uniti ed in Giappone, ma gira su eBay
ed Amazon in quantità e si può avere per pochi dollari: una
ghiotta occasione per entrare nell'universo sonoro di una band
immensa. |
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Legacy- 1998 |
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AORARCHIVIA |
HUMAN TEMPLE "Halfway to heartache" |
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Dischi come questo dei finlandesi
Human Temple non sai come prenderli. Il songwriting non è
male, allineato a quanto la scena scandinava e tedesca propone
ai nostri giorni ma senza riciclaggi sfacciati, con begli
arrangiamenti sopratutto nel comparto tastiere. La produzione è
buona e anche la resa fonica risulta adeguata. Quello che
proprio non funziona è il cantante, Janne Hurme. Nella bio, la
Escape ci informa che nel suo paese, a metà anni '90 era
diventato una star della musica pop, e di musica pop avrebbe
dovuto continuare ad occuparsi, perché la sua voce piatta,
anonima, monotona e con una pronuncia inglese tutt'altro che
impeccabile forse funzionerà in quel genere, ma inserita in un
contesto hard rock trasforma le canzoni in irresistibili inviti
a farsi un bel pisolo. 'Halfway to
Heartache' avrebbe potuto essere un lavoro ben più che
dignitoso se non fosse stato per la voce di Hurme, che gli
spande sopra una noia senza speranza. |
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Escape - 2011 |
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AORARCHIVIA |
BANG TANGO "Pistol
Whipped in the Bible Belt" |
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Nel clima di restaurazione
imperante, non meraviglia il ritorno dei Bang Tango ad un sound
più consono ad una band dei Big 80s rispetto a quanto Joe Leste
ed i suoi nuovi compagni ci avevano propinato ultimamente. 'Pistol...'
si rivela una piacevole sorpresa, focalizzato com'è sullo street
rock losangeleno più classico. Del vecchio sound funk e
policromo dei Tango resta pochino ("I
Like It", col suo flavour notturno e misterioso; il
riffing secco, incalzante eppure suadente della title track), ma
questi trentasei minuti di musica si rivelano comunque efficaci.
Variazioni sui temi dei sempiterni AC/DC ("Dick
in the System", "Our Way"),
dei G'NR ("Suck It Up") o dei
Faster Pussycat ("Boom Box Séance",
dal bel refrain; "Drivin"), il
ritmo funky di "Bring on the World",
il bello shuffle di "Live Life", la
suggestiva ballad elettrica dilatata dal pianoforte "Have
You Seen Her". La voce di Joe è sempre sguaiata e con il
tempo si è fatta roca ed acida: perfetta per questo
materiale, insomma... Una band ritrovata.
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78 PRODUCTIONS / MUSIC BY
MAIL - 2012 |
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AORARCHIVIA |
CONTINUAL DRIFT "Reality" |
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La Valery Records sta cercando di
spingere il primo album degli italiani Continual Drift anche sul
mercato del rock melodico, ma non mi sembra che il prodotto
abbia le caratteristiche per interessare chi bazzica i territori
dell'AOR. Hard rock moderno, tetro e abbastanza monotono, con
qualche guizzo soltanto su "Just One
Question" (un po' Van Halen), "When
the sun meets the blues" (riffing secco e stoppato ed un
refrain alla Nickelback vecchia maniera), "I'll
leave her behind" e "She's Dancing"
(discretamente AC/DC), "This is your life"
(ruvida ed elettroacustica), "Bring me
home" (power ballad non disprezzabile). La qualità audio
è impeccabile, la produzione scarna e fredda ammazza quelle due
o tre canzoni che non sono state tagliate apposta per un
pubblico di depressi, l'artwork a base di primissimi piani dei
componenti della band ritratti con espressioni da foto
segnaletica completa degnamente il quadro di un album che a chi
ama il nostro genere ha veramente pochissimo da offrire. |
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Valery Records - 2012 |
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AORARCHIVIA |
PHENOMENA "Awakening" |
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Questo ennesimo capitolo del
progetto Phenomena, propone la solita sfilza di cantanti (ben nove
per le dieci canzoni dell'album), ed un hard rock melodico dai
ritmi sostenuti, ben registrato ma caratterizzato da
arrangiamenti molto poco movimentati, con le canzoni che girano
tutte attorno a ritornelli ripetuti a volte con un ritmo un pelo
ossessionante. Per fortuna ci pensano i vari cantanti (tutti
bravissimi, in particolare Lee Small, James Christian, Toby
Hitchcock e Rob Moratti) a caratterizzare e dare un po' d'aria
ai pezzi, ma resta la sensazione che Tom Galley e
Martin Kronlund abbiano lavorato
ad 'Awakening' con l'obiettivo di
ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. |
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Escape - 2012 |
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AORARCHIVIA |
DEPARTURE "Hitch a Ride" |
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Molto ben
fatto questo quarto album dei Departure, moniker che copre il
lavoro del multistrumentista americano Mike Walsh e rispunta a
sorpresa dopo un’assenza di ben undici anni. ‘Hitch
a Ride’ si allontana spesso dalle familiari matrici
Journey e Fortune per abbordare altre sponde: ‘Waiting
For Rain To Come’, la power ballad ‘Roses’,
‘This Is My Time’, sono debitrici
delle atmosfere rustiche/sofisticate dei Tyketto epoca ‘Don’t
come easy’; “Travel Through Time”
e "Outside Looking In" suonano come
spettacolari esercizi di metal californiano (notevole, sulla
prima, l’intreccio di assoli). L’impasto chitarre / tastiere è
sempre magnificamente calibrato ed il songwriting è sopra la
media, anche se c’è qualche licenza poetica, come “Without
You”, assolutamente identica ad una canzone di Rod
Stewart di cui in questo momento non riesco proprio a ricordare
il titolo. Insomma, un disco vario e piacevole, ben suonato e
prodotto, meritevole di un ascolto. |
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Escape - 2012 |
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AORARCHIVIA |
SHINEDOWN "Amaryllis" |
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Gli Shinedown
si ripresentano più melodici e leccati che mai. Rispetto a ‘The
sound of madness’, c’è un uso costante e per nulla
timido delle tastiere, che si dipanano anche nei frammenti più
heavy di ‘Amaryllis’ con imponenti
tappeti di note o pompose sezioni d’archi. Potremmo dire che se
prima volevano essere soltanto i nuovi Nickelback, oggi gli
Shinedown sono indecisi se diventare anche i nuovi Coldplay o
Muse… Bel disco, comunque, ‘Amaryllis’,
anche se gli manca l’acuto, il titolo guida, come “Second
Chance” lo fu di ‘The sound of madness’,
ma l’alternanza di power ballad gigantesche e schegge di hard
rock moderno anche se non più tanto abrasivo e violento come in
passato funziona benissimo. La produzione è eccellente ma il
mixaggio spaccatimpani in puro stile
loudness war (per i
dettagli, seguite il link) mortifica la qualità audio.
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Roadrunner - 2012 |
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